Dei primi anni dei Metallica, al di là dell’importanza storica e artistica, ciò che sorprende maggiormente è la totale assenza di asservimento alle regole del mercato, eppure il galattico successo di pubblico. Raro esempio di aspetto qualitativo a sconfiggere il lato speculativo. Già con … And Justice for All si avvertono alcune crepe, prima fra tutti la scelta del videoclip di One, ma è il successivo Metallica, ovvero Black Album, a sovvertire l’attitudine della band e a trasformarla in una temibile macchina da soldi. Di fatto l’uscita divise gli storici metallibashers: chi si unì all’immane ingresso di nuovi fan e chi gridò vendetta. I quasi trent’anni che ci separano dalla pubblicazione permettono un’analisi oggettiva di quello che è stato Metallica, sicuramente un album di grande qualità e spessore, superbamente prodotto, un suono devastante, l’album che più appartiene a Hetfield: la sua voce, la sua chitarra architettata come un’orchestra, il suo desiderio di comunicare i propri demoni interiori a quante più persone possibili. A fianco, prima del fidato Ulrich, stavolta c’è Jason Newsted, finalmente protagonista, finalmente innovativo, a dare la necessaria profondità musicale. Eppure permangono i rimpianti per le folgori sonore del passato perché i brani non sono tutti all’altezza: con i capolavori (Enter Sandman, My Friend of Misery) ci sono prodotti francamente orribili (Don’t Tread on Me e soprattutto Of Wolf and Man).
La storia dei Metallica è costellata da se: se Dave Mustaine non fosse uscito dalla band, se Cliff Burton non fosse morto, se Lars Ulrich fosse stato licenziato al termine del tour di Master of Puppets, se James Hetfield non avesse cambiato timbro vocale… ed è qui che diventa interessante proporre un gioco: e se il Black Album fosse stato simile ai suoi predecessori? Di certo non nella forma, la direzione della band ormai era quella, ma piuttosto nella composizione della scaletta, a imitare quelle precedenti: opening track aggressiva, title track stratificata, brano lento e poderoso, semi-ballad, altra opening track per il lato B, brano elettrico, brano strumentale (o semi-strumentale, in questo caso) e furibonda canzone di chiusura. Riguardo al titolo, Wherever I May Roam pare il più appropriato, anche considerando l’estenuante vita on the road che la band ha condotto dal 1983 al 1991. Difficilmente i Metallica avrebbero rinunciato alla famosissima Nothing Else Matters, ma questo è il gioco.
- Enter Sandman
- Wherever I May Roam
- Sad But True
- The Unforgiven
- Holier Than Thou
- The God That Failed
- My Friend of Misery
- The Struggle Within
Non credo dipenda dalla morte del bravo Burton. I tempi del thrash erano tramontati in quel tempo e le idee cambiano, gli stili anche. Diffiicle fare altri Ride the Lightning per sempre
Ai tempi dell’uscita di “Metallica”, ne ero entusiasta. Un vinile divorato… poi per lungo tempo rinnegato. Fatalità questa estate ho ricominciato ad ascoltarlo e lo sto consumando di nuovo. L’ho “ri-capito”, anzi, ho compreso bene le necessità della band. Purtroppo le folgori dei primi tre album erano irripetibili, ma gli Slayer hanno dimostrato che se si voleva si poteva…
E beh, difficile che gli Slayer avessero fatto un black album, i Metallica giá con ride the lightning erano easy listening rispetto a che so, Venom, Exodus..
Davvero lo pensi? Io credo che Fight Fire With Fire sia la canzone più dura mai prodotta fino a quel momento
Anche fast as a shark degli Accept di due anni prims aveva la sua dose.violenta